diario di viaggio

Fes, Meknes, Volubilis e Moulay Idriss

20 febbraio 2019, Casa Voyageurs h: 9:34

Il primo impatto col Marocco è stato super positivo. Le donne ti guardano e ti sorridono, gli uomini ti scrutano da lontano ma nemmeno rispondono ai tuoi bonjour. Tra l’altro un signore in stazione mi ha appena evitato di perdere il treno. Mi ero appena seduta in sala d’attesa quando ho sentito che diceva qualcosa in arabo di cui ho capito soltanto Fes. L’ha ripetuto più volte l’ultima delle quali mi sono voltata e ho capito che mi stava dicendo che stavano imbarcando il treno per Fes.

P.s.: La stazione di Casablanca si chiama Casa Voyageurs e non poteva avere nome migliore: la casa dei viaggiatori, io qui mi sono sentita subito a casa.

22 Febbraio 2019, Meknes

Ieri, durante la mia prima ora e mezza di sali e scendi nella medina, ho perso il conto di quanti inviti a bere il tè abbia ricevuto. Un tipo, addirittura, vedendomi accarezzare un vecchio asino mi ha chiesto se volessi comprarlo, il tutto mentre faceva su una canna. Poco dopo un altro tizio mi ha chiesto di fare una foto insieme urlando qualcosa in arabo ed attirando l’attenzione dei negozianti che sono usciti dalle botteghe per guardare incuriositi. La parte più bella della giornata, però, è stata la sera. Mentre cucinavo la tajine di pollo con Kamal improvvisamente si è aperta la porta di casa e sono entrati 3 uomini, uno di loro, il più alto e rude, aveva un sacchetto in mano dal quale ha tirato fuori whisky e ghiaccio.

Improvvisamente mi si è gelato il sangue nelle vene, sembrava l’inizio perfetto di un qualsiasi film poliziesco, una donna sola in Marocco con quattro uomini sconosciuti che fumano e bevono whisky, vedevo già i titoli dei giornali che parlavano della mia morte. Tutti i miei timori sono svaniti in un secondo quando uno degli uomini ha tirato fuori un biberon con del latte ed ha iniziato ad allattare, uno ad uno, quattro gattini che erano stati abbandonati dalla mamma e gironzolavano nel cortile della Dar. Vedere allattare quegli scriccioli da quegli uomini così grossi e scuri in viso, con la sigaretta in bocca e il whisky davanti è stata una delle scene più surreali di tutta la mia vita.

Ho iniziato a ridere talmente forte che Kamal, vedendomi così, mi ha chiesto cosa ci fosse di così divertente ma come potevo spiegargli che, fino ad un minuto prima pensavo che quegli uomini volessero uccidermi mentre ora li vedevo allattare dei gattini? Ancora una volta avevo messo a tacere i pregiudizi che qualcuno mi aveva conficcato in testa e non c’era cosa più bella al mondo.

Ma veniamo alla giornata di oggi.

Sto scrivendo seduta al tavolo di un bar in piazza El Hedim a Meknes.

Stamattina ho visitato i resti della città romana di Volubilis che per una nata vicino Roma e Pompei non è così imperdibile ma, in fondo, ha un suo perché. Successivamente ci siamo spostati a Moulay Idriss, la seconda città santa dell’islam che per tanti anni è stata chiusa ai non musulmani. Avrei voluto passarci più tempo ma condividendo il taxi con una coppia di tedeschi ho dovuto stare ai loro tempi. Per loro la cosa più importante era Volubilis, per me Moulay Idriss. Alla fine ci siamo fermati soltanto il tempo di vedere qualche punto più panoramico accompagnati da un ragazzino al quale abbiamo lasciato qualche dirham come mancia. Siamo quindi arrivati a Meknes, una città piena di fortificazioni, il cui punto forte è la porta Bab el Monsour che affaccia sulla piazza da dove sto scrivendo.

Appena arrivata in città mi sono immersa nella medina. Le vie principali sono piene di banchi che vendono prodotti di importazione soprattutto cinese. Uno spettacolo tristissimi se penso che sono in una delle città imperiali del Marocco. Un po’ disgustata ho quindi deciso di lasciare la via principale e di entrare nei vicoli laterali sentendomi molto più sicura rispetto a Fes. Qui nessuno ti insegue insistentemente facendoti mille domande. Sembra come se non avessero bisogno di turisti per vivere e, in effetti, nel mercato di frutta e verdura sono l’unica occidentale, mi sembra così strano avendo come termine di paragone la medina di Fes. Tutti mi sorridono e mi chiedono come va, poi, vedendo la mia reflex, si mettono in posa e mi chiedono di far loro una foto. Sono le foto che odio di più ma sono contenta di farli felici e quindi li assecondo. Ritorno verso la strada principale e poi prendo delle stradine sulla destra, finisco nel quartiere dei fabbri e dei falegnami. Li osservo al lavoro. Entro in una bottega dove realizzano gioielli damascati con ferro e filo d’argento. Data la mia mania per i bracciali non posso fare a meno di comprarne due. Non ho idea di dove sia finita ma decido di seguire il mio istinto e improvvisamente ecco che mi trovo davanti la piazza principale. L’istinto non sbaglia mai.